Non aveva esitato a denunciare le morbose attenzioni del caporeparto. Un atto coraggioso che le era però costato il posto di lavoro. I continui dispetti degli altri colleghi, scesi persino in sciopero contro di lei, avevano obbligato il proprietario dell'hotel a licenziarla. A distanza di sei anni Slavica Jotic Petrovic, cinquantenne massaggiatrice, originaria della ex-Jugoslavia, si è presa una sonora rivincita nei confronti dei suoi detrattori. Il giudice del lavoro Caterina Santinello ha accolto il suo ricorso ordinando l'immediato reintegro in servizio e condannando l'hotel Terme Apollo Spa a corrisponderle i salari maturati dal 13 agosto 1996 fino all'effettivo rientro in organico. Non solo. L'albergo dovrà versarle tutti i contributi previdenziali per l'intero periodo intercorso dalla cessazione del rapporto di lavoro, riconoscerle la retribuzione per i giorni compresi dal 10 al 13 luglio e dal 12 al 13 agosto 1996, nei quali fu costretta a mettersi in ferie, e pagarle le spese processuali oltre a cinquemila euro a titolo di risarcimento del danno patito.Un verdetto esemplare che rende giustizia ad una donna di bell'aspetto e dal temperamento esuberante che ha avuto però l'ardire di respingere le avances del caporeparto.Nell'esposto inviato ai carabinieri di Abano Slavica Jotic sosteneva di aver subito ripetuti palpeggiamenti. Il collega si era invaghito di lei. Vedendosi respinto, aveva deciso di vendicarsi sobillando gli altri massaggiatori contro la donna. All'interno del reparto cure si era ben presto creato un clima insostenibile. Slavica Jotic era stata vittima di continui dispetti anche da parte degli altri dipendenti. Una volta si era ritrovata con la borsa e le scarpe tagliate. In un'altra occasione le avevano danneggiato l'auto. Volevano costringerla ad andarsene. In un primo tempo la proprietà aveva imposto alla donna un periodo di ferie coatte. Al rientro in servizio era scattata la lettera di licenziamento. A quel punto era però già scattata la denuncia ai carabinieri. In fase istruttoria il caporeparto aveva negato ogni addebito sostenendo che la massaggiatrice era una scansafatiche. Poi aveva preferito evitare il processo: il 6 marzo del '99 aveva patteggiato gli abusi sessuali con dieci mesi di reclusione, beneficiando della sospensione condizionale. Rimaneva da affrontare la causa di lavoro. Assistita dall'avvocato Giancarlo Moro, legale della Filcams-Cgil, la donna non aveva esitato ad impugnare il licenziamento |