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Sabato 08/06/2002 - Mattino di Padova - Bartolomeo Tribuna dirigente Ic di Montegrotto

«Un lavoro svolto in silenzio»

Riceviamo e pubblichiamo



Ho letto la lettera apparsa sul mattino a firma Francesca Montecchio la quale, dopo espressioni da «captatio benevolentiae» dirette dall'ispettore ancora una volta colpisce l'immagine dell'Istituto e tocca, sia pure indirettamente, la dignità professionale dei suoi colleghi. Dal «fumus» delle sue generiche affermazioni (sofferenze, problemi, amarezze) e dalla foga del suo «autoincensamento» colorito dall'uso di un linguaggio da «missionaria» (i docenti sono dei professionisti) e da «libro cuore», emergono sostanzialmente tre rilievi a cui mi accingo a rispondere: 1) l'Istituto da me diretto si caratterizza e si distingue per capacità progettuale e realizzativa che si sostanzia in un piano dell'offerta formativa (reale e non formale), ricco ed articolato, molto apprezzato dai genitori come dimostra l'elevato indice di gradimento risultante dai questionari sulla valutazione del servizio scolastico che a fine di ogni anno vengono compilati, in forma anonima, dalle famiglie. Non è scuola del «formalismo e delle grandi parole» quella in cui oltre il 90% delle deliberazioni (collegio docenti e consiglio d'istituto) viene assunta all'unanimità, non già perché i soggetti che ne fanno parte subiscono l'inesistente effetto del mobbing, ma per una felice concordanza delle scelte educative e didattiche. 2) non è vero che nell'istituto non c'è «dialogo e rispetto per le persone». Ad ognuno è riconosciuto l'esercizio dei propri diritti, c'è assoluta trasparenza nella gestione a qualsiasi livello, c'è partecipazione democratica e produttiva da parte di tutte le componenti la comunità scolastica. Nei plessi «Arcobaleno» (materna), Ruzzante, Don Milani e Vivaldi (media) si vive un clima sereno di rapporti sociali tra tutto il personale e tra questo e i genitori e gli alunni. Nella scuola Nievo il clima sociale è talvolta teso proprio a motivo del comportamento, spesso poco commandevole per una docente, che non ha saputo stabilire, soprattutto per i colleghi, un rapporto umano e professionale positivo. E' Francesca Montecchio che si isola, che non partecipa attivamente alla vita dell'istituzione, che si sente perseguitata, che ha bisogno di conferme, che si autoreferenzia agli occhi dei genitori. Tutto ciò può essere confermato da quasi tutti i suoi colleghi. 3) Tutti i «miei» insegnanti, di ogni ordine di scuola «operano per il bene degli alunni». Forse non lo fanno come lei «per il bene dell'istituzione e per il suo Paese». Lo fanno però con altrettanta competenza professionale, in silenzio, nel chiuso delle proprie aule, senza vantarsi, senza ritenere di compiere «missioni» ma con dedizione ed impegno e, soprattutto, senza aspettarsi gratificazioni che sono insite nel lavoro che hanno liberamente scelto di svolgere.

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