MONTEGROTTO. Mancano solo gazzelle, antilopi e leoni. Per il resto il paesaggio richiama alla memoria la savana dell'Africa centrale. Peccato, però, che questo panorama non sia frutto del clima, ma solo dell'incuria e del menefreghismo. Da mesi il «parco Mostar» è desolatamente abbandonato a se stesso. L'area di 18.500 metri quadri fra le vie Giulio Cesare, Aureliana, Ottaviana e Tiberina che, nelle intenzioni della precedente amministrazione Cognolato, avrebbe dovuto ospitare una zona a verde pubblico.
Un'area attrezzata con tanto di giardini, camminamenti, campi da gioco, una piazzetta e un anfiteatro: adesso è tutto in condizioni vergognose. Di tutto quello che era previsto, ovviamente, non v'è traccia. In compenso fanno «bella» mostra erbacce, pozze d'acqua stagnante, prati incolti. Il tutto, certo, debitamente recintato. Con tanto di cartelli che interdicono l'accesso ai non addetti ai lavori. Avvisi che vengono scrupolosamente osservati. Soprattutto perché nessuno ha un qualche motivo per avventurarsi in mezzo alla vegetazione rinsecchita dove, chissà come, riesce malinconicamente a fiorire qualche tulipano. Forse solo grazie alle recenti piogge. Magra consolazione. In quanto agli «addetti», qui, nessuno li vede più da mesi. Il tempo di tracciare qualche camminamento e di avviare i lavori per la costruzione di un adiacente parcheggio (nel programma originario, in grado di accogliere un'ottantina di vetture) e poi sono scomparsi. Risultato: anche i cordoli che delimitano i posti auto hanno già cominciato a deteriorarsi. Morale della favola, i frontisti di via Giulio Cesare (di fatto, l'unica area residenziale a ridosso del sedicente parco) si trovano davanti, ogni santo giorno, uno spettacolo tutt'altro che gratificante. Ed estetica a parte, con l'estate ormai prossima, l'intera zona rischia di diventare anche un fastidioso ricettacolo di insetti di ogni genere, prima fra tutte, la famigerata «zanzara-tigre». E come se non bastasse, qualche incivile ha scambiato pure lo pseudo-parco per una discarica, dove buttare le ramaglie provenienti dalle potature degli alberi di casa propria. |